Cinema Svizzero a Venezia 2018Â –Â âNon ho lâetĂ â di Olmo Cerri
Da Critics Academy – 13 marzo 2018 leggi l’articolo originale.
1964. Mentre la Ferrero lanciava sul mercato il primo vasetto di Nutella e Aldo Moro inaugura lâautostrada del Sole in diretta televisiva, Gigliola Cinguetti vince il festival di Sanremo con il suo brano Non ho lâetĂ .
Diventata un simbolo di venerazione per molti, Gigliola ricevette circa 140.000 lettere da ammiratori sparsi in ogni parte del mondo.
Quattro di queste sono le protagoniste di un documentario di Olmo Cerri. Carmela, Don Gregorio, Gabriella e Lorella sono italiani che, come tanti altri a cavallo degli anni â50 e â70, hanno preso parte alla grande ondata migratoria che ha portato molti cittadini della penisola a emigrare.
Chi parte da solo, chi per seguire la famiglia, ognuna di queste storie è uno strumento per raccontare i sogni di tutti coloro che hanno lasciato il proprio paese nella speranza di avere un futuro migliore.
Ad unire i loro ricordi e i lo sogni, come un fil rouge, la voce di Gigliola diventa il simbolo di unâItalia ancora viva nei cuori di chi è costretto a vivere nel mezzo di due paesi senza potersi sentire veramente appartenere a nessuno dei due.
Con delicatezza e attenzione ai dettagli Cerri ci rende spettatori di unâepoca cosĂŹ lontana eppure, contemporaneamente, cosĂŹ attuale, in un documentario in cui la xenofobia alimenta lâodio nei confronti del diverso. Dedicato ad unâItalia che sembra essersi dimenticata che i migranti, qualche hanno fa, eravamo noi.
Recensione di Claudia Cavalier
Non ho lâetĂ di Olmo Cerri recupera fra le tante lettere destinate a Gigliola Cinquetti, quattro scritte da quattro italiani emigrati in Svizzera negli anni Sessanta. La dolce voce vincitrice del Festival di Sanremo 1964 assume il ruolo di allegoria dâItalia, unâItalia che Carmela, Don Gregorio, Gabriella e Lorella non vogliono dimenticare e per la quale provano un affetto sincero.
Con la stessa ingenuitĂ con cui sono scritte le amorevoli parole rivolte alla giovane cantante, la macchina da presa riprende i semplici gesti quotidiani dei quattro protagonisti, scrutando con curiositĂ ogni dettaglio dei loro ricordi.
Memorie ricche di speranze, ambizioni, ma anche e soprattutto di clandestinitĂ e sfruttamento. Immagini e racconti che ci portano a riflettere in particolar modo sul presente: nonostante gli italiani siano diventati il paese ospitante, dimenticano spesso il loro passato.
Recensione di Danae Bulfone