Un ricordo per la nostra produttrice Tiziana Soudani.

Con grande tristezza, ricordiamo la nostra produttrice e amica Tiziana Soudani, che ci ha lasciato negli scorsi giorni e ci stringiamo con affetto attorno alla famiglia e ai colleghi di Amka.

“Ci sono tante “porte” per poter entrare dentro un film. E, a volte, c’è chi ha l’intuito non solo di trovare la porta che non ti aspetti, ma anche la sensibilità di varcare quella soglia per abitare il film in tutti i suoi millimetri. Tiziana Soudani ha questa capacità. Ce l’ha, quando guarda un lavoro fatto da altri, ma ce l’ha ancora di più, quando – nel ruolo di produttrice – il film bisogna costruirlo. Cercando una sintonia con i vari autori, senza rinunciare a quella partecipazione emotiva che la fa interagire in tutte le fasi del processo creativo. È così, per dire, che lei ha intuito subito, nonostante le diffidenze di tanti altri, quanto buona fosse la svolta di toni e registri nel momento in cui Silvio Soldini nel 1998 progettava il suo salto verso la commedia favolistica con Pane e Tulipani. Allo stesso tempo è stata sempre lei ad aver avuto il fiuto di intravvedere nella sceneggiatura stringata di Vodka Lemon quel film con cui il regista curdo Hiner Saleem sarebbe andato a vincere a Venezia nel 2003 il premio San Marco. Per non parlare, della fiducia accordata, tra il 2011 e il 2014, a due autori-rivelazione come Leonardo di Costanzo (L’intervalllo) e Alice Rohrwacher (Corpo Celeste e Le meraviglie, vincitore del Gran Prix a Cannes). Esempi, fra i tanti possibili, in cui il lavoro di una produttrice come Tiziana ha saputo unire il coraggio di una visione all’impegno costante per renderla concreta. Da una parte, segui e assecondi le tue emozioni cinematografiche, dall’altra non trascuri l’aspetto pragmatico per rendere le necessità di un cineasta compatibili alle possibilità realizzative. Una dialettica mantenuta anche con Mohammed Soudani, il marito regista. Perché un conto è garantire una situazione di agio nella lavorazione di un film, un conto è non scalfirne il cuore profondo che a volte deve restare disturbante, se questo è l’effetto che vuole veicolare. Come nel documentario “Guerre sans images” (2002): Mohammed torna a interrogare il suo paese d’origine, l’Algeria, dopo un periodo di buio che sembrava averne cancellato i racconti. Tiziana vive quell’esperienza in parallelo, con la carica dell’empatia, ma anche con la lucidità di chi mai dimentica che quel tipo di vissuto così personale debba arrivare fino al pubblico geograficamente più lontano. È una dote che ai produttori spesso vien data per scontata, ma che in realtà è rara. Riuscire sempre a mettere d’accordo le esigenze “contabili” di un progetto con quelle dello spettatore a cui è riservata la visione ultima e, alla fine, il giudizio più importante. E da questo punto di vista, Tiziana è proprio una produttrice-spettatrice. Chi ha lavorato con lei, lo sa. E conosce bene i suoi commenti. Sempre gentili, spesso trancianti, ma fatti con una sincerità di pancia che poi sale dritta al cervello. In fondo, è proprio in questa sorta di “digestione rovesciata”, dal basso verso l’alto, che potremmo trovare l’idea di cinema di cui Tiziana si è sempre fatta promotrice. Con le sue varianti ticinesi, svizzere, italiane o africane. Senza filtri e senza sconti, perché tanto poi lei trova sempre quella porta inaspettata da cui entrare nel film. E, molto spesso, quella è la porta giusta”. (Lorenzo Buccella)

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