Il documentario ‘Non ho l’età’ su Radio Italia

Radio Italia Anni 60

Radio Italia Anni 60, dal 19 al 25 aprile 2021, ha dedicato una retrospettiva radiofonica a Gigliola Cinquetti,. Una puntata del programma è dedicata alle lettere di Gigliola Cinquetti, raccolte a Trento, e si parla anche del nostro documentario “Non ho l’età” (link).

Le lettere:

Il documentario:

Film da guardare durante la quarantena

Il Film Festival dei diritti umani di Lugano e la Ticino Film Commission inseriscono la versione VOD del nostro film fra i suggerimenti culturali per affrontare la quarantena.

FFDUL

Qualcuno potrebbe pensare che in un momento come questo, straordinariamente complicato, ci sono cose più importanti a cui pensare. Il cinema però ha sempre avuto un ruolo rilevante nella nostra socialità e, proprio pensando a ciò che ci sta succedendo a causa di questa pandemia, spesso ha avuto la capacità di essere premonitore (continua…)

TFC

Riscopriamo il cinema legato al Ticino ai tempi dell’emergenza. Vi invitiamo a usufruire dei servizi online di VoD, che permettono di scegliere film che non sono facilmente accessibili altrimenti e che danno nuova visibilità alle produzioni legate al Ticino (continua…)

Vi ricordiamo che è sempre possibile ordinare il DVD.

“Non ho l’età”, ieri come oggi

Articolo apparso sul Corriere dell’Italianità del 2 ottobre 2019

Intervista a Olmo Cerri, regista del documentario “Non ho l’età”: quattro storie lontane eppure così drammaticamente attuali sul fenomeno migratorio e il desiderio di sentire la terra natia vicina.

Nel 1964 al Festival di San Remo vinceva una giovanissima Gigliola Cinquetti con la sua canzone “Non ho l’età per amarti”. Per tanti connazionali, emigrati all’estero, Gigliola rappresentava l’amata patria lasciata, il noto, il familiare, un volto e una figura rassicurante, il ‘vecchio che resiste’ a fronte di un contesto spesso percepito come estraneo e altro.

All’Archivio di Scrittura Popolare di Trento sono conservate centinaia di migliaia di lettere scritte da italiani, anche dalla Svizzera, per chiedere alla cantante un autografo o esprimere dei complimenti generici, ma anche per domandare abiti nuovi, proporre canzoni o semplicemente raccontare della propria quotidianità. Di queste lettere ne parla in modo dettagliato, nella sua tesi di laurea, Daniela Delmenico, affrontando l’argomento “migrazione italiana nel mondo” con originalità.

E a partire da queste lettere, il regista Olmo Cerri ha realizzato un documentario (prodotto in collabora- zione con la Televisione Svizzera) molto bello, capace di raccontare “l’elemento” umano del fenomeno migratorio. “Non ho l’età” (2017) racconta quattro storie di riscatto, speranza e amore verso il proprio paese mai dimenticato. Presentato in Svizzera e in Italia in diversi Festival cinematografici, il documentario tocca anche l’aperta, e più che mai attuale, questione dell’accettazione dell’altro, contro forme di esclusione sociale e xenofobia.

Nel tuo documentario riprendi le vite di quattro italiani, tre donne e un parroco, che hanno scritto a Gigliola Cinquetti dalla Svizzera. Come hai scelto i protagonisti del documentario?

La scelta non è stata del tutto ‘libera’. Ho letto circa mille lettere e la mia attenzione si è concentrata, da subito, su quelle lettere più ricche di spunti biografici e dettagli relativi alla vita in Svizzera nonché emozioni ma anche vite complementari. Non è stato facile ritrovare dei contatti ancora validi, cinquant’anni dopo. Difficile è stato anche ‘farsi credere’: quando contattavamo telefonicamente le persone, avvertivamo davvero tanta iniziale diffidenza, c’era la paura delle truffe e del telemarketing. Il percorso di ricerca è durato diversi anni.

Che cosa rappresentava la can- zone italiana per gli immigrati dall’Italia che hai intervistato?

La canzone italiana era un legame con la propria terra, con la propria lingua e cultura. Gigliola Cinquetti rappresentava una brava ragazza, semplice e “acqua e sapone”, in un mondo che era sconvolto da impor- tanti eventi sociopolitici (penso ai movimenti che sarebbero arrivati con il ‘68) e novità anche musicali (erano arrivati i Beatles), viste da un paese, la Svizzera, che non era familiare. Tuttavia negli anni l’infatuazione verso Gigliola è scemata. Alcune delle persone incontrate per il documentario non ricordavano quasi nemmeno più di aver scritto alla cantante.

Che rapporto hanno le persone che hai intervistato con la Svizzera?

Due protagonisti del documentario sono rimasti in Svizzera. Gli altri sono tornati invece in Italia. Ma rimangono comunque delle identità di frontiera. Si sono portati appresso un bagaglio importante formativo, arrivato dagli anni passati in Svizzera, che è ancora molto forte. Gli anni vissuti ‘oltre confine’ sono ricordati come importanti momenti di aggregazione e socializzazione con connazionali ma anche di rispetto per la confederazione.

Cosa ti ha colpito maggiormente degli italiani che hanno raccontato la loro esperienza in Svizzera?

Non è stato facile per i protagonisti raccontare. Erano, quelli, anni difficili per i migranti. Ho apprezzato molto la grande onestà, apertura e generosità. Per alcuni, aprirsi di fronte alla telecamera è stato un modo per “fare il punto” sulla storia della propria famiglia ma anche un’occasione per condividere con altri le proprie esperienze e alcune delle ingiustizie subite. Per me è stato un importante percorso di crescita.

Quali sentimenti vorresti suscitare nel pubblico svizzero che guarda il tuo lavoro?


Io spero che sia un’occasione per ripensare alla propria storia, rimettere in discussione parte del proprio passato fatto di forte diffidenza, forme di razzismo ed esclusione. Per non dimenticare e non rifare gli stessi errori. Per me è stato chiaro, fin da subito, che il mio sarebbe stato anche un ‘film politico’. Ma al contempo senza colpevolizzare. Ci sono stati numerosi svizzeri che sono stati capaci, hanno voluto, fin da subito accogliere gli italiani. Nel documentario ne porto un esempio. Sarebbe sbagliato fare ‘di tutta l’erba un fascio’.

Che cosa accomuna gli emigrati di oggi con quelli degli anni Sessanta?

Rimane il senso di smarrimento, se non altro iniziale. Forse non tanto, non solo, dovuto al clima diverso e l’assenza del cibo a cui si è abituati. Rimane, oggi come ieri, la ricerca del contatto con quanto è familiare. Abbiamo portato il film in varie scuole e sono stati davvero tanti i ragazzi che ci hanno raccontato dei messaggi, attraverso social media come Instagram, inviati a cantanti, attori, personaggi pubblici e dello spettacolo dei propri paesi di origine.

Quali sentimenti ti suscita vedere che quella stessa xenofobia, sfruttamento e chiusura, che tu denunci nel tuo documentario, le ritroviamo anche nell’Italia di oggi così come in altri paesi particolar- mente confrontati con i fenomeni migratori?

Tutto il film vuole certamente sensibilizzare al tema della migrazione. Guardando quello che succede oggi in Europa, mi sembra quasi un paradosso che terre di migranti non sappiano immedesimarsi e accogliere.

L’autrice Valeria Camia è nata a Piacenza. Interessata all’interculturalità e alle politiche sociali, ha studiato Filosofia e Scienze Politiche Comparate. In Svizzera è stata docente all’università di San Gallo e assistente di ricerca in Democracy Studies. Scrive di politica e società per riviste svizzere e italiane e si occupa di progetti legati all’integrazione. “Nel paese di Heidi. In viaggio da Zurigo al Ticino” è il suo primo libro, diario di una famiglia bilingue che cerca casa in Svizzera.

ilgiornale.ch – Intervista con Olmo Cerri : “Non ho l’età” 

Scritto da Chiara Marcon su ilgiornale.ch

Olmo Cerri, nella foto a sinistra, è un giovane regista ticinese che con grande delicatezza e realismo ci porta con il suo documentario “Non ho l’età”, a conoscere gli italiani che negli anni sessanta, lasciavano l’Italia per cercare un futuro migliore.

Il regista parte da un ritornello di una canzone famosissima, resa tale  grazie alla facilità del motivo, “non ho l’età”, cantata da una giovanissima Gigliola Cinquetti che incarnava all’epoca anche l’immagina dell’ anti diva una ragazza acqua e sapone che con le sue canzoni teneva compagnia ai tanti italiani all’estero. La cantante riceveva migliaia di lettere dai suoi connazionali, e da queste lettere custodite ad oggi in un archivio, il regista ha “trovato” i suoi personaggi chiave, quattro storie da raccontare, complementari, ma diverse.

Storie di riscatto, speranza e amore verso il proprio paese mai dimenticato, ecco con con il suo documentario, si rivivono le scene di quegli anni, e i protagonisti con semplicità si raccontano in un nostalgico ricordo del loro percorso ed inserimento in Svizzera.

Un tema sempre attuale e oggi più che mai, immagini e suoni, che ci aiutano anche a riflettere sul difficile momento che l’Europa si vede affrontare, senza essere preparata ai costanti flussi migratori.

Grazie alla disponibilità del suo ideatore e regista, il ritornello “ Non ho l’età”, lo ascolteremo con una sensibilità maggiore.

Continua!

Festival delle Corrispondenze

ITALIANI “SFORTUNATAMENTE” ALL’ESTERO. OLTRE 150.000 LETTERE INVIATE A GIGLIOLA CINQUETTI DOPO LA VITTORIA A SANREMO NEL ’64 RACCONTANO I “NOSTRI IMMIGRATI”

Non ho l’età, il ritornello che ha commosso un’intera generazione di migranti. Incontro sabato 8 settembre nell’ambito della VII edizione del Festival delle Corrispondenze a Magione – Perugia

Ne parla Olmo Cerri, regista del documentario Non ho l’età (Italia-Svizzera 2017), insieme a Quinto Antonelli della Fondazione Museo Storico del Trentino che custodisce l’archivio Cinquetti

Siamo all’inizio degli anni sessanta quando migliaia di italiani, per niente toccati dal boom economico e in fuga dalla povertà, si presentavano alla dogana di Chiasso per entrare in Svizzera e rincorrere così un sogno di benessere, o almeno di tranquillità, per sé e la propria famiglia. In quegli stessi anni Gigliola Cinquetti diventa una celebrità in tutto il mondo dopo la vittoria a Sanremo con Non ho l’età (per amarti). Due storie parallele che proprio grazie a quella vittoria invece si toccano fino a mischiarsi offrendoci un racconto unico e personale dei nostri migranti. Infatti la vittoria a San Remo della giovanissima Gigliola Cinquetti mette in moto sentimenti che presto si trasformano in parole. Così migliaia di italiani da tutto il modo prendono carta e penna per scrivere. E partendo da questo patrimonio di parole che sabato 8 settembre, nell’ambito della VI edizione del Festival delle Corrispondenze a Monte del Lago – Magione (Pg), si parlerà di come eravamo noi, italiani migranti e della nostra cultura popolare. A parlarne sarà Olmo Cerri, regista del documentario Non ho l’età (Italia-Svizzera 2017) che proprio dall’archivio è partito per il suo lavoro cinematografico, insieme a Quinto Antonelli della Fondazione Museo Storico del Trentino,che custodisce l’archivio Cinquetti. Continua!

Famiglia Cristiana

Famiglia Cristiana cita anche il nostro documentario all’interno di un servizio dedicato ai bambini clandestini in Svizzera (18 agosto 2018)